Donazione e gruppi sanguigni rari, ecco perché il sangue dei cittadini stranieri è sempre più importante
Lo abbiamo sempre detto. Se c’è un qualcosa che ci unisce e che rappresenta un bene prezioso per ciascuno di noi, è il sangue. E a confermarlo non è solo l’attività di AVIS Nazionale e dei suoi oltre un milione e trecentomila donatori, ma l’incremento sempre crescente di nuovi donatori stranieri che, da tempo, sono venuti a vivere nel nostro Paese.
Come ha documentato un attento servizio andato in onda giovedì 7 maggio su Canale 5 durante la trasmissione “Striscia la notizia”, da anni molte persone decidono di trasferirsi in Italia per rifarsi una vita. Come ha commentato scherzosamente Rajae Bezzaz, la conduttrice libica naturalizzata italiana e autrice del servizio, «dopo aver sputato sangue faticando per trovare un lavoro, tanti stranieri adesso hanno deciso di donarlo». Una scelta che, per l’intero Sistema sanitario nazionale, rappresenta un patrimonio non da poco. Capiamo perché.
«Noi siamo da sempre abituati a distinguere il sangue nei gruppi A, B, AB e 0, e nel sistema Rh positivo e negativo – spiega il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, intervistato durante la trasmissione – ma il sangue di coloro che appartengono ad etnie diverse dalla nostra presenta caratteristiche e particolarità che lo contraddistinguono e lo rendono ancor più prezioso».
Sulla superficie dei globuli rossi, infatti, sono presenti delle molecole chiamate antigeni che vengono trasmesse geneticamente e sono classificate in oltre 700 tipi. Al momento della trasfusione è importante conoscerne la combinazione, un procedimento che, nelle società multietniche, viene complicato dal fatto che molte persone presentano una combinazione di antigeni non comune. Questo “mix” particolare dà nome a quello che viene definito “sangue raro”, cioè una situazione in cui una determinata combinazione di antigeni sui globuli rossi si verifica in meno di una persona su mille.
Da qui il rischio di elevata immunizzazione post-trasfusionale per coloro che dovessero ricevere sangue da donatori di etnia diversa, visto che l’organismo del ricevente potrebbe produrre anticorpi contro gli antigeni presenti sui globuli rossi ricevuti. Prendiamo ad esempio gli afroamericani che, affetti da falcemia, se dovessero ricevere il sangue di donatori europei, sarebbero le persone più immunizzate in assoluto.
Ecco perché trovare sangue compatibile significa offrire un’importante terapia trasfusionale e, come spiegato dal presidente Briola, «questo tipo di sangue è prezioso per tutti, anche per i cosiddetti nuovi cittadini, cioè i figli delle coppie miste».